venerdì 9 ottobre 2015

Una nota sulla mia India


Riporto qui uno scritto tratto da un post di un mio vecchio blog di viaggio:


Sono evidentemente deludente quando nel mio raccontare dell'India e ancor più di Varanasi sottolineo quanto io non sperimenti sulla mia pelle in alcun modo quella spiritualità da tanti decantata e che evidentemente dovrei "sentire" nel corso di ogni mio viaggio in questo paese. 
Vedo sempre sul volto dei miei interlocutori da un lato incredulità e dall'altro una profonda delusione. Forse pensare che esista un luogo ove riporre le proprie speranze circa una propria perduta religiosità deve risultare confortante.


Per quanto mi riguarda le cose stanno così. Non vado in India per cercare un qualche afflato nei confronti di una qualche divinità. Sono atea e lieta di esserlo, quanto meno non sento l'esigenza di essere altro. Suppongo, ma posso solo immaginare, che se fossi credente in una qualche entità sovrumana non farebbe differenza Italia, India o Islanda. 

Quello che io amo profondamente dell'India è esattamente l'opposto di quanto comunemente viene sottolineato. Amo il suo essere terrena, profondamente terrena. Tutto qui richiama, per me, sensazioni ancestrali ora perdute di contatto con la madre terra: i cattivi odori, i profumi, la polvere, il mangiar con le mani, la vicinanza uomo-animale, il camminare a piedi nudi, tutto ciò che è intensamente sensoriale. Questo amo e di questo sento terribilmente la mancanza, ora che sono qui.

Non spiriti, non dei, non vagheggiamenti new age e odori di santità. Cosa c'è di più profondo d'altronde che non il contatto con tutto ciò che è terra, fuoco, aria... Ciò che non trovo più qui, neanche nel paese più sperduto, lì lo trovo anche ai margini delle grandi città. Ciò che rimpiango, in ogni giorno della mia vita non trascorso in terra indiana, è come un ricordo vivido di come eravamo, sì, anche noi, qui, un tempo. Chiamatela se volete spiritualità, questa, fate voi. Io so solo che lì mi sento felice e lo imputo a questo: alla terra, agli odori, ai piedi nudi nella polvere, al cibo portato alla bocca con le mani. Gli dei e i santi li lascio a chi ama le favole, qui come altrove, e non è un brutto amare. Soltanto, io amo altro.

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